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Bufale alimentari

Negli ultimi decenni si è assistito all'aumento dell'utilizzo di internet e soprattutto dei social network, permettendo l'accesso ad una mole considerevole di informazioni. Tutto questo ha permesso però anche la diffusione di tantissime fake news o "bufale". Il campo dell'alimentazione non è esente dal fenomeno e sempre più spesso capita di imbattersi nell'ennesima notizia di un cibo miracoloso che brucia i grassi solo a guardarlo. La disinformazione alimentare a livello social può però diventare pericolosa, seguendo indicazioni di dubbia valenza scientifica alcune persone possono arbitrariamente decidere di escludere totalmente intere categorie alimentari rischiando di compromettere il proprio stato di salute.

 

Alcune bufale più comuni che girano sui social sono le seguenti (elenco sicuramente incompleto perché alla fantasia non c'è mai limite...):

 

- i cerali integrali fanno dimagrire
La credenza che i cereali integrali facciano dimagrire è molto diffusa e per questo vengono consigliati molto a chi si mette a dieta e vuole perdere peso. In realtà, gli alimenti integrali non fanno dimagrire e apportano più o meno le stesse calorie delle loro controparti raffinate. Ciò che li differenzia maggiormente è l'apporto di fibre che contribuiscono al miglioramento dell'attività intestinale e aumentano il senso di sazietà, abbassando il picco glicemico postprandiale.

 

- il glutine fa male
La celiachia è una patologia permanente che provoca malassorbimento intestinale, per il soggetto celiaco una dieta priva di tale proteina risulta essenziale per evitare una progressiva diminuzione dei villi intestinali e sviluppare gravi carenze nutrizionali. La diagnosi viene deve essere fatta dallo specialista in seguito ad opportune indagini clinico-diagnostiche. Privarsi di cibi contenenti glutine senza aver ricevuto diagnosi di morbo celiaco non è utile perché ci priviamo di una fonte di carboidrati complessi fonte di vitamine, proteine e fibre ed inoltre può risultare controproducente per la linea: i prodotti senza glutine che troviamo in commercio sono spesso più calorici dei loro corrispondenti contenenti tale proteina. Il glutine infatti rende le farine e i suoi derivati più lavorabili, toglierlo obbliga ad aggiungere grassi ed addensanti ai prodotti. Per finire questi prodotti hanno un indice glicemico più alto, portando più zucchero nel sangue e saziando di meno.

 

- I carboidrati alla sera fanno ingrassare
Anche in questo caso si tratta di una convinzione errata, il momento in cui si mangiano non conta piuttosto va considerato il quantitativo quotidiano consumato e, in generale, le calorie totali introdotte con la dieta.
I carboidrati sono i nutrienti che il corpo utilizza in via preferenziale per ottenere energia, le giuste quantità possono variare da persona a persona, in genere dovrebbero rappresentare il 45-60% delle calorie giornaliere assunte e sicuramente non bisogna eccederne. Porre attenzione alla qualità e alle quantità di ciò che si mangia e sicuramente più importante del quando si mangia. È indubbio che il consumo energetico durante il riposo è minimo per cui è auspicabile non magiare pasti troppo abbondanti e ricchi in grassi prima di andare a letto perché l'energia in eccesso ha più possibilità di accumularsi sotto forma di grasso corporeo. Il punto quindi non riguarda esclusivamente il consumo o meno dei carboidrati nel pasto serale ma, in maniera più generale, il fatto di seguire un'alimentazione corretta e bilanciata durante l'arco dell'intera giornata.

 

- Non bisogna bere durante i pasti
Molte persone evitano di bere durante i pasti principali con la convinzione di poter digerire più facilmente e dimagrire in maniera più efficace. Bere la giusta quantità di acqua ai pasti (600-700 ml, circa due/tre bicchieri), aiuta invece a migliorare la consistenza degli alimenti e soprattutto non diluisce i succhi gastrici come molti credono. Le quantità necessarie per diluire i succhi gastrici sono molto superiori e in caso di assunzioni eccessive i tempi della digestione possono leggermente aumentare. Bere solo prima dei pasti in sè non ha alcun effetto dimagrante ma contribuisce solamente ad aumentare il senso di sazietà.
Non va quindi dimenticato il ruolo indispensabile che l'acqua svolge in tutti i processi fondamentali del nostro organismo, ricordando di bere ameno 1,5 litri di acqua al giorno, bevendo spesso ma poco durante la giornata. I bambini e gli anziani in particolare sono i soggetti cui fare più attenzione perché maggiormente a rischio di disidratazione.

 

- il latte fa male
Una delle fake news ricorrenti riguarda uno degli alimenti più comuni e diffusi, il latte.
Molto spesso si sostiene che il latte sia un alimento destinato esclusivamente alla nutrizione infantile e una volta entrati in età adulta diventi dannoso per il nostro organismo. La questione è complessa e se da una parte è vero che l'uomo è l'unico mammifero che consuma tale alimento anche in età adulta è anche l'unico il cui genoma si sia modificato circa 7-8000 anni fa per permettere la digestione del lattosio anche dopo lo svezzamento grazie al mantenimento dell'enzima deputato. Attraverso il consumo del latte si è garantita a quelle popolazioni una fondamentale fornitura di calcio e vitamina D, che altrimenti non avrebbero potuto assimilare, soprattutto in zone geografiche in cui non vi era grande disponibilità di altri alimenti ricchi di questi nutrienti indispensabili. In alcuni soggetti il latte può creare dei problemi, per esempio in caso di intolleranza al lattosio o di allergie alle proteine del latte ma chi non ha tali problemi non ha ragioni di eliminare il latte dalle proprie abitudini alimentari, prestando comunque attenzione alle quantità, essendo generalmente un alimento ricco di grassi

 

- L'ananas brucia i grassi
Altra leggenda metropolitana, purtroppo l'ananas non brucia magicamente le nostre pance...
Sicuramente l'ananas è un toccasana per chi vuole seguire un regime ipocalorico, infatti è un frutto ricco di calcio, potassio e vitamine ma povero di calorie.
La sua presunta azione "brucia grassi" viene attribuita alla bromelina, un enzima proteolitico contenuto soprattutto nel gambo del frutto (la parte legnosa che il più delle volte viene scartata...). A tale sostanza viene attribuito un buon effetto proteolitico (aiuta quindi nel processo digestivo), antiedemigeno e antinfiammatorio. Via libera quindi all'ananas ma non è un brucia grassi quindi non vi risparmia dal compiere attività fisica....

 

- I test delle intolleranze alimentari mi aiutano a dimagrire
Le intolleranze alimentari fanno parte del gruppo delle reazioni avverse al cibo, a differenza delle allergie alimentari non vedono il coinvolgimento del sistema immunitario ma derivano da una incapacità enzimatica dell'organismo di scomporre determinati componenti dell'alimento introdotto. Le intolleranze alimentari oggi accertate con test validati scientificamente sono l'intolleranza al lattosio (Breath test per la lattasi) e al glutine (dosaggio degli anticorpi). Le intolleranze non possono essere causa di sovrappeso od obesità poiché spesso provocano reazioni di tipo gastrointestinale come vomito e diarrea e se non trattate con appositi protocolli dietetici possono portare anche a situazioni di malassorbimento e carenze nutrizionali, sintomi come cefalea, depressione, scarsa concentrazione, dolori articolari, congiuntiviti, edemi e soprappeso, cellulite, infezioni ricorrenti, ecc... non sono riconducibili ad intolleranze. Spesso chi cerca nel test per le intolleranze una risposta al proprio sovrappeso non riconosce che quest'ultimo probabilmente è causato "semplicemente" da uno stile di vita inadeguato e da abitudini alimentari errate. Per quanto riguarda i numerosi test proposti nelle sedi più disparate purtroppo non hanno nessuna valenza scientifica. Un test utilizzato per la diagnosi di una patologia dovrebbe essere accurato, avere cioè una stretta corrispondenza con il valore reale che si intende misurare e preciso, ovvero dare risultati riproducibili, costanti e non equivoci, sullo stesso campione. Soltanto in queste condizioni i risultati raccolti avranno una qualche utilità per il paziente.
Purtroppo molti dei test che vengono proposti per la diagnosi di intolleranze alimentari (dosaggio delle Ig4, test citotossico (ALCAT), test elettrodermici (tipo VEGA test), biorisonanza, kinesiologia, analisi del capello...) non soddisfano questi due basilari requisiti. Si tratta dunque di test che presentano scarsa accuratezza, ridotta precisione e fortemente operatore-dipendenti. In molti casi purtroppo si tratta di vere e proprie truffe senza alcun fondamento scientifico che possono anche rivelarsi pericolose andando a instaurare possibili carenze alimentari a seguito di diete ad esclusione fatte in maniera arbitraria o causare confusione e ritardi nella diagnosi di patologie anche serie.

 

- La carne rossa fa venire il cancro?
La carne rossa è un alimento che sempre più frequentemente viene messo in discussione. La ricerca scientifica non ha fornito alcuna evidenza che la carne rossa non lavorata (la parte muscolare di manzo, vitello, agnello, montone, cavallo e capra), assunta nelle giuste quantità e nell'ambito di una dieta variata, sia un agente cancerogeno certo. L'associazione carne rossa/cancro è nata a seguito dell'uscite dei risultati di uno studio del 2015 in cui lo IARC (International Agency for Research on Cancer), un'agenzia dell'OMS che si occupa di valutare e classificare le prove di cancerogenicità delle sostanze, ha definito la carne rossa come probabilmente cancerogena e la carne lavorata (carne sottoposta a salatura, stagionatura, fermentazione, affumicatura o altri processi come l'aggiunta di conservanti (nitriti e nitrati) per migliorarne il sapore o la conservazione (salumi, insaccati, carne in scatola, ecc.) come cancerogena soprattutto rispetto alla comparsa di tumore del colon-retto ma anche di altri tipi di tumore (per esempio, al pancreas, alla mammella, allo stomaco e alla prostata), sebbene per questi ultimi i dati raccolti siano ancora insufficienti. Tutti gli studi considerati sono stati condotti solo sulla popolazione adulta ed è bene precisare che gli studi epidemiologici offrono dati di correlazioni scientifiche che non possono essere interpretati come prove di un rapporto di causa-effetto. Ciò significa che si può parlare di aumento del rischio, e quindi di aumento della probabilità che compaia la malattia, quando si consuma carne rossa o lavorata, ma non si può dire che la malattia comparirà sicuramente in conseguenza del loro consumo. È bene sottolineare che l'aumento del rischio di comparsa del tumore dipende dalla quantità e frequenza di consumo di questi alimenti. In generale, il consumo di carne rossa o lavorata non deve superare i limiti raccomandati dalle Linee Guida per una sana alimentazione. La popolazione adulta non dovrebbe mangiare più di due volte a settimana una porzione, pari a 50 grammi, di carne lavorata e non più di tre volte una porzione, pari a 100-150 grammi, di carne rossa, per un massimo di 350-500 grammi a settimana. Il consumo di carne rossa, tuttavia, va sempre definito in base alle condizioni individuali di salute e alla necessità, ad esempio, di ferro e vitamina B12, di cui è un'importante fonte. In particolare, il fabbisogno di questi nutrienti, difficili da reperire ed assimilare dagli alimenti di origine vegetale (privi di vitamina B12), è aumentato nelle donne in gravidanza e nei bambini.